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La protezione dei dati e la tecnologia RFID

La protezione dei dati e la tecnologia RFID

Si chiamano “etichette intelligenti” dette anche Rfid (Radio Frequency Identification) e sono minuscoli chip alimentati e comunicanti tramite la radiofrequenza, emessa, a piccola e media distanza, da appositi lettori.

Le etichette Rfid vengono usate già da tempo nelle aziende, nella grande distribuzione, nelle  biblioteche, nei servizi postali e dalle società di trasporto, ma se ne prevede una grande diffusione anche nel commercio al dettaglio.

L’impiego di questa nuova tecnologia può portare una serie di vantaggi anche per il consumatore, ma senza le opportune garanzie potrebbe rischiare di trasformarsi in una forma di controllo sulle persone.

Per essere “intelligente” l’etichetta RFID deve rispettare la privacy

Che cosa sono le “etichette intelligenti” Rfid?

Le “etichette intelligenti” sono dei minuscoli chip a radiofrequenza basati sulla tecnologia Rfid (Radio Frequency Identification) con circuiti in grado di contenere informazioni, di elaborarle e di trasmetterle. I chip si attivano quando entrano nel campo elettromagnetico generato da appositi apparecchi lettori in grado di comunicare con l’etichetta.

La tecnologia RFID prende origine dalla seconda guerra mondiale e si sviluppa a partire dagli anni sessanta come derivazione a scopi civili del sistema militare a radiofrequenza di Identification friend or foe, ma la sua diffusione è avvenuta principalmente dagli anni novanta in poi. I transponder IFF inventati in Gran Bretagna nel 1939, basati su una tecnologia analogica chiamata IFF Mark 1, vennero ampiamente utilizzati dagli alleati durante la seconda guerra mondiale per identificare gli aerei e capire se si trattava di mezzi amici o nemici. I transponder vengono impiegati ancora oggi sui velivoli, sia per scopi militari che commerciali.

Un altro testo del passato dedicato alla tecnologia RFID è Communication by Means of Reflected Power (Atti dell’IRE, pp. 1196–1204, ottobre 1948), di Harry Stockman. In questa opera, che rappresenta una vera pietra miliare, Stockman dichiarava: “saranno necessarie ancora intense attività di ricerca e sviluppo per risolvere gli ultimi problemi inerenti alla comunicazione con potenza riflessa, e prima di poterne esplorare le applicazioni pratiche”. Il primo vero predecessore della moderna tecnologia RFID è stato brevettato da Mario Cardullo nel gennaio 1973 (brevetto Usa 3.713.148): si trattava di un transponder radio passivo dotato di memoria.

Questo dispositivo pioniere, costituito da un transponder con 16 bit di memoria e alimentato dal segnale che lo interrogava, era di tipo passivo, ed era stato concepito per usi doganali. Venne presentato nel 1971 all’autorità portuale di New York e ad altri potenziali utenti. Il brevetto-base di Cardullo comprende l’uso della radio frequenza, di onde sonore e luminose come mezzo di trasmissione. Il business plan originario, presentato agli investitori nel 1969, prevedeva l’applicazione di questi dispositivi nei seguenti settori: trasporti (identificazione delle vetture, sistemi doganali automatici, targhe elettroniche, segnali elettronici, instradamento del traffico, monitoraggio delle prestazioni dei veicoli), bancario (libretti degli assegni elettronici, carte di credito elettroniche), sicurezza (identificazione del personale, cancelli automatici, sorveglianza) e sanità (identificazione, storia clinica dei pazienti).

Nel 1973 Steven Depp, Alfred Koelle e Robert Freyman organizzarono una storica dimostrazione del funzionamento dei tag RFID a potenza riflessa (backscattering modulato), sia di tipo passivo sia attivo, presso il Los Alamos Scientific Laboratory. Questo sistema portatile funzionava con una frequenza di 915 MHz e impiegava tag a 12 bit. Questa tecnica è impiegata ancora oggi sulla maggior parte dei tag UHF (Ultra High Frequency) e RFID a microonde.

Il primo brevetto in cui figura la sigla RFID è stato depositato da Charles Walton nel 1983, brevetto USA 4.384.288, ma in realtà la tecnologia è stata depositata nell’agosto del 1973 con il brevetto USA 3.752.960, da allora ne sono stati registrati altri quasi 4000 (2011). La procedura di riconoscimento automatico (Auto ID) si è successivamente sviluppata in altri settori: industriale, automobilistico, medico, e-Government (vedi passaporti, carte d’identità, ecc.), commercio (moneta elettronica come biglietti per i trasporti, ecc.). Altri esempi sono da quello di acquisto e distribuzione di servizi logistici a quello industriale, manifatturiero, metalmeccanico, domotico, ecc.

La tecnologia RFID è considerata per la sua potenzialità di applicazione una tecnologia general purpose (come l’elettricità, la ruota, etc) e presenta un elevato livello di “pervasività”, ovvero una volta trovata una applicazione in un punto della filiera, l’applicazione ed i benefici si propagano velocemente a monte e a valle della stessa. Con gli RFID, grazie allo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e di Internet è possibile creare una rete di oggetti e l’adozione a vasta scala in svariate applicazioni prevista nei prossimi decenni nonché la probabile interconnessione dei dati ottenuti in un’unica grande rete globale. (fonte wikipedia)

…e a cosa servono le etichette RFID?

Tramite le etichette Rfid si possono avere immediate informazioni su un prodotto, come la data di confezionamento o la scadenza, seguire i percorsi di un oggetto nella catena produttiva, conoscere in tempo reale le consistenze di un magazzino, facilitare l’accesso sui mezzi di trasporto o a determinati luoghi, effettuare rapidamente l’inventario dei libri in una biblioteca, identificare un bene dalla produzione allo smaltimento. I sistemi di pagamento a pedaggio automatici (come sulle autostrade) si basano sulla tecnologia Rfid.

Cosa è previsto per l’uso di Rfid sui luoghi di lavoro?

Nei casi di impiego di microchip per la verifica di accessi a determinati luoghi riservati o a particolari aree aziendali devono essere predisposte idonee cautele per i diritti e le libertà delle persone. Occorre rispettare i divieti sanciti dallo Statuto dei lavoratori riguardo all’utilizzo di strumenti per il controllo a distanza dei lavoratori.

La tecnologia Rfid può essere applicata direttamente sul corpo umano?

Si sta sperimentando l’uso di microchip sottopelle contenenti informazioni sanitarie.
Questi impianti sono ammessi solo in casi eccezionali per comprovate esigenze di tutela della salute. Prima del loro impiego, però, devono essere sottoposti alla verifica del Garante. Il malato deve comunque poter sempre ottenere l’immediata disattivazione e la rimozione del microchip. Altri usi sono da ritenersi, in via di principio, lesivi della dignità della persona.

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Ci possono essere altri usi della tecnologia Rfid?

I sistemi Rfid possono essere utilizzati, a precise condizioni, per l’ingresso in determinati luoghi, per verificare l’identità di una persona (come avverrà con i nuovi passaporti elettronici) o per tutelare la salute delle persone.

Ci sono rischi per la privacy?

Alcuni usi sproporzionati di questa tecnologia potrebbero violare il diritto alla protezione dei dati
personali e determinare forme di controllo sulle persone. Con l’uso di sistemi Rfid sempre più evoluti si potrebbero infatti raccogliere dati sulle abitudini dei consumatori e seguire perfino gli spostamenti delle persone senza che esse se ne accorgano.

L’uso delle “etichette intelligenti RFID”, anche per le prospettive che apre sia in campo economico che sociale, solleva problematiche di grande delicatezza.

Per questo motivo il Garante ha individuato (con un provvedimento consultabile sul sito www.garanteprivacy.it) rigorosi limiti e precise garanzie a salvaguardia della dignità e della libertà dei cittadini.

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