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Guida al GDPR Regolamento generale sulla protezione dei dati

Guida all’applicazione del Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali

(La presente Guida è soggetta a integrazioni e modifiche alla luce dell’evoluzione della riflessione a livello nazionale ed europeo)

La Guida intende offrire un panorama delle principali problematiche che imprese e soggetti pubblici dovranno tenere presenti in vista della piena applicazione del regolamento, prevista il 25 maggio 2018.

Il Regolamento punta a rispondere alle sfide poste dagli sviluppi tecnologici e dai nuovi modelli di crescita economica, tenendo conto delle esigenze di tutela dei dati personali sempre più avvertite dai cittadini dei Paesi dell’Unione europea.

Attraverso raccomandazioni specifiche vengono suggerite alcune azioni che possono essere intraprese sin d’ora perché fondate su disposizioni precise del regolamento che non lasciano spazi a interventi del legislatore nazionale (come invece avviene per altre norme del regolamento, in particolare quelle che disciplinano i trattamenti per finalità di interesse pubblico ovvero in ottemperanza a obblighi di legge).

Vengono, inoltre, segnalate alcune delle principali novità introdotte dal regolamento rispetto alle quali sono suggeriti possibili approcci in modo da arrivare all’appuntamento del 25 maggio 2018 con le idee più chiare.

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FONDAMENTI DI LICEITA’ DEL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

Il regolamento conferma che ogni trattamento deve trovare fondamento in un’idonea base giuridica; i fondamenti di liceità del trattamento sono indicati all’art. 6 del regolamento e coincidono, in linea di massima, con quelli previsti attualmente dal Codice privacy – d.lgs. 196/2003 (consenso, adempimento obblighi contrattuali, interessi vitali della persona interessata o di terzi, obblighi di legge cui è soggetto il titolare, interesse pubblico o esercizio di pubblici poteri, interesse legittimo prevalente del titolare o di terzi cui i dati vengono comunicati).

In particolare:

  • Per i dati “sensibili” (si veda art. 9 regolamento) il consenso DEVE essere “esplicito”; lo stesso dicasi per il consenso a decisioni basate su trattamenti automatizzati (compresa la profilazione – art. 22).  Si segnalano, al riguardo, le Linee-guida in materia di profilazione e decisioni automatizzate recentemente pubblicate dal Gruppo “Articolo 29” (WP 251) e attualmente in consultazione pubblica, disponibili qui http://ec.europa.eu/newsroom/just/document.cfm?doc_id=47963.
  • NON deve essere necessariamente “documentato per iscritto”, né è richiesta la “forma scritta”, anche se questa è modalità idonea a configurare l’inequivocabilità del consenso e il suo essere “esplicito” (per i dati sensibili); inoltre, il titolare (art. 7.1) DEVE essere in grado di dimostrare che l’interessato ha prestato il consenso a uno specifico trattamento.
  • Il consenso dei minori è valido a partire dai 16 anni; prima di tale età occorre raccogliere il consenso dei genitori o di chi ne fa le veci.
  • DEVE essere, in tutti i casi, libero, specifico, informato e inequivocabile e NON è ammesso il consenso tacito o presunto (no a caselle pre-spuntate su un modulo).
  • DEVE essere manifestato attraverso “dichiarazione o azione positiva inequivocabile” (per approfondimenti, si vedano considerando 39 e 42 del regolamento).

DIRITTI DEGLI INTERESSATI NEL GDPR

Il termine per la risposta all’interessato è, per tutti i diritti (compreso il diritto di accesso), 1 mese, estendibili fino a 3 mesi in casi di particolare complessità; il titolare deve comunque dare un riscontro all’interessato entro 1 mese dalla richiesta, anche in caso di diniego.

Spetta al titolare valutare la complessità del riscontro all’interessato e stabilire l’ammontare dell’eventuale contributo da chiedere all’interessato, ma soltanto se si tratta di richieste manifestamente infondate o eccessive (anche ripetitive)(art. 12.5), a differenza di quanto prevedono gli art. 9, comma 5, e 10, commi 7 e 8, del Codice, ovvero se sono chieste più “copie” dei dati personali nel caso del diritto di accesso (art. 15, paragrafo 3); in quest’ultimo caso il titolare deve tenere conto dei costi amministrativi sostenuti. Il riscontro all’interessato di regola deve avvenire informa scritta anche attraverso strumenti elettronici che ne favoriscano l’accessibilità; può essere dato oralmente solo se così richiede l’interessato stesso (art. 12, paragrafo 1; si veda anche art. 15, paragrafo 3).

La risposta fornita all’interessato non deve essere solo “intelligibile”, ma anche concisa, trasparente e facilmente accessibile, oltre a utilizzare un linguaggio semplice e chiaro.

Cosa non cambia?

Il titolare del trattamento deve agevolare l’esercizio dei diritti da parte dell’interessato, adottando ogni misura (tecnica e organizzativa) a ciò idonea.Benché sia il solo titolare a dover dare riscontro in caso di esercizio dei diritti(artt. 15-22), il responsabile è tenuto a collaborare con il titolare ai fini dell’esercizio dei diritti degli interessati(art. 28, paragrafo 3, lettera e) ).

L’esercizio dei diritti è, in linea di principio, gratuito per l’interessato, ma possono esservi eccezioni (si veda il paragrafo “Cosa cambia”). Il titolare ha il diritto di chiedere informazioni necessarie a identificare l’interessato, e quest’ultimo ha il dovere di fornirle, secondo modalità idonee (si vedano, in particolare, art. 11, paragrafo 2 e art. 12, paragrafo 6).

Sono ammesse deroghe ai diritti riconosciuti dal regolamento, ma solo sul fondamento di disposizioni normative nazionali, ai sensi dell’articolo 23 nonché di altri articoli relativi ad ambiti specifici (si vedano, in particolare, art. 17, paragrafo 3, per quanto riguarda il diritto alla cancellazione/”oblio”, art. 83 – trattamenti di natura giornalistica e art. 89 – trattamenti per finalità di ricerca scientifica o storica o di statistica). In questo senso, in via generale, possono continuare a essere applicate tutte le deroghe previste dall’art. 8, comma 2, del Codice in quanto compatibili con le disposizioni citate. Al riguardo, il Garante sta valutando la piena rispondenza delle disposizioni citate in tale articolo del Codice con i requisiti fissati per la legislazione nazionale dall’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento.

TITOLARE, RESPONSABILE, INCARICATO DEL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI

Il regolamento:

  • disciplina la contitolarità del trattamento (art. 26) e impone ai titolari di definire specificamente (con un atto giuridicamente valido ai sensi del diritto nazionale) il rispettivo ambito di responsabilità e i compiti con particolare riguardo all’esercizio dei diritti degli interessati, che hanno comunque la possibilità di rivolgersi indifferentemente a uno qualsiasi dei titolari operanti congiuntamente;
  • fissa più dettagliatamente (rispetto all’art. 29 del Codice) le caratteristiche dell’atto con cui il titolare designa un responsabile del trattamentoattribuendogli specifici compiti: deve trattarsi, infatti, di un contratto (o altro atto giuridico conforme al diritto nazionale) e deve disciplinare tassativamente almeno le materie riportate al paragrafo 3 dell’art. 28 al fine di dimostrare che il responsabile fornisce “garanzie sufficienti” – quali, in particolare, la natura, durata e finalità del trattamento o dei trattamenti assegnati, le categorie di dati oggetto di trattamento, le misure tecniche e organizzative adeguate a consentire il rispetto delle istruzioni impartite dal titolare e, in via generale, delle disposizioni contenute nel regolamento;
  • consente la nomina di sub-responsabili del trattamento da parte di un responsabile (si veda art. 28, paragrafo 4), per specifiche attività di trattamento, nel rispetto degli stessi obblighi contrattuali che legano titolare e responsabile primario; quest’ultimo risponde dinanzi al titolare dell’inadempimento dell’eventuale sub-responsabile, anche ai fini del risarcimento di eventuali danni causati dal trattamento, salvo dimostri che l’evento dannoso “non gli è in alcun modo imputabile” (si veda art. 82, paragrafo 1 e paragrafo 3);
  • prevede obblighi specifici in capo ai responsabili del trattamento, in quanto distinti da quelli pertinenti ai rispettivi titolari. Ciò riguarda, in particolare,  la tenuta del registro dei trattamenti svolti (ex art. 30, paragrafo 2); l’adozione di idoneemisure tecniche e organizzative per garantire la sicurezza dei trattamenti (ex art. 32 regolamento); la designazione di un RPD-DPO (si segnalano, al riguardo, le linee-guida in materia di responsabili della protezione dei dati recentemente pubblicate dal Gruppo “Articolo 29” dopo essere state sottoposte a consultazione pubblica, disponibili qui anche nella versione in italiano:www.garanteprivacy.it/rpd), nei casi previsti dal regolamento o dal diritto nazionale (si veda art. 37 del regolamento). Si ricorda, inoltre, che anche il responsabile non stabilito nell’Ue dovrà designare un rappresentante in Italia quando ricorrono le condizioni di cui all’art. 27, paragrafo 3, del regolamento – diversamente da quanto prevede oggi l’art. 5, comma 2, del Codice.

APPROCCIO BASATO SUL RISCHIO E MISURE DI ACCOUNTABILITY (RESPONSABILIZZAZIONE) DI TITOLARI E RESPONSABILI DEI DATI PERSONALI

Il regolamento pone con forza l’accento sulla “responsabilizzazione” (accountability nell’accezione inglese) di titolari e responsabili – ossia, sull’adozione di comportamenti proattivi e tali da dimostrare la concreta adozione di misure finalizzate ad assicurare l’applicazione del regolamento(si vedano artt. 23-25, in particolare, e l’intero Capo IV del regolamento). Si tratta di una grande novità per la protezione dei dati in quanto viene affidato ai titolari il compito di decidere autonomamente le modalità, le garanzie e i limiti del trattamento dei dati personali – nel rispetto delle disposizioni normative e alla luce di alcuni criteri specifici indicati nel regolamento.

Il primo fra tali criteri è sintetizzato dall’espressione inglese “data protection by default and by design” (si veda art. 25), ossia dalla necessità di configurare il trattamento prevedendo fin dall’inizio le garanzie indispensabili “al fine di soddisfare i requisiti” del regolamento e tutelare i diritti degli interessati – tenendo conto del contesto complessivo ove il trattamento si colloca e dei rischi per i diritti e le libertà degli interessati. Tutto questo deve avvenire a monte, prima di procedere al trattamento dei dati vero e proprio (“sia al momento di determinare i mezzi del trattamento sia all’atto del trattamento stesso”, secondo quanto afferma l’art. 25(1) del regolamento) e richiede, pertanto, un’analisi preventiva e un impegno applicativo da parte dei titolari che devono sostanziarsi in una serie di attività specifiche e dimostrabili.

Fondamentali fra tali attività sono quelle connesse al secondo criterio individuato nel regolamento rispetto alla gestione degli obblighi dei titolari, ossia il rischio inerente al trattamento. Quest’ultimo è da intendersi come rischio di impatti negativi sulle libertà e i diritti degli interessati (si vedano considerando 75-77); tali impatti dovranno essere analizzati attraverso un apposito processo di valutazione(si vedano artt. 35-36) tenendo conto dei rischi noti o evidenziabili e delle misure tecniche e organizzative (anche di sicurezza) che il titolare ritiene di dover adottare per mitigare tali rischi (si segnalano, al riguardo, le linee-guida in materia di valutazione di impatto sulla protezione dei dati recentemente pubblicate dal Gruppo “Articolo 29” dopo essere state sottoposte a consultazione pubblica, disponibili qui anche nella versione in italiano: www.garanteprivacy.it/DPIA). All’esito di questa valutazione di impatto il titolare potrà decidere in autonomia se iniziare il trattamento (avendo adottato le misure idonee a mitigare sufficientemente il rischio) ovvero consultare l’autorità di controllo competente per ottenere indicazioni su come gestire il rischio residuale; l’autorità non avrà il compito di “autorizzare” il trattamento, bensì di indicare le misure ulteriori eventualmente da implementare a cura del titolare e potrà, ove necessario, adottare tutte le misure correttive ai sensi dell’art. 58: dall’ammonimento del titolare fino alla limitazione o al divieto di procedere al trattamento.

Dunque, l’intervento delle autorità di controllo sarà principalmente “ex post”, ossia si collocherà successivamente alle determinazioni assunte autonomamente dal titolare; ciò spiega l’abolizione a partire dal 25 maggio 2018 di alcuni istituti previsti dalla direttiva del 1995 e dal Codice italiano, come la notifica preventiva dei trattamenti all’autorità di controllo e il cosiddetto prior checking (o verifica preliminare: si veda art. 17 Codice), sostituiti da obblighi di tenuta di un registro dei trattamenti da parte del titolare/responsabile e, appunto, di effettuazione di valutazioni di impatto in piena autonomia. Peraltro, alle autorità di controllo, e in particolare al “Comitato europeo della protezione dei dati” (l’erede dell’attuale Gruppo “Articolo 29”) spetterà un ruolo fondamentale al fine di garantire uniformità di approccio e fornire ausili interpretativi e analitici: il Comitato è chiamato, infatti, a produrre linee-guida e altri documenti di indirizzo su queste e altre tematiche connesse, anche per garantire quegli adattamenti che si renderanno necessari alla luce dello sviluppo delle tecnologie e dei sistemi di trattamento dati.

TRASFERIMENTI DI DATI VERSO PAESI TERZI E ORGANISMI INTERNAZIONALI

In primo luogo, viene meno il requisito dell’autorizzazione nazionale (si vedano art. 45, paragrafo 1, e art. 46, paragrafo 2). Ciò significa che il trasferimento verso un Paese terzo “adeguato” ai sensi della decisione assunta in futuro dalla Commissione, ovvero sulla base di clausole contrattuali modello, debitamente adottate, o di norme vincolanti d’impresa approvate attraverso la specifica procedura di cui all’art. 47 del regolamento, potrà avere inizio senza attendere l’autorizzazione nazionale del Garante –  a differenza di quanto attualmente previsto dall’art. 44 del Codice.
Tuttavia, l’autorizzazione del Garante sarà ancora necessaria se un titolare desidera utilizzare clausole contrattuali ad-hoc (cioè non riconosciute come adeguate tramite decisione della Commissione europea) oppure accordi amministrativi stipulati tra autorità pubbliche – una delle novità introdotte dal regolamento.

Il regolamento consente di ricorrere anche a codici di condotta ovvero a schemi di certificazione per dimostrare le “garanzie adeguate” previste dall’art. 46. Ciò significa che i titolari o i responsabili del trattamento stabiliti in un Paese terzo potranno far valere gli impegni sottoscritti attraverso l’adesione al codice di condotta o allo schema di certificazione, ove questi disciplinino anche o esclusivamente i trasferimenti di dati verso Paesi terzi, al fine di legittimare tali trasferimenti. Tuttavia (si vedano art. 40, paragrafo 3, e art. 42, paragrafo 2), tali titolari dovranno assumere, inoltre, un impegno vincolante mediante uno specifico strumento contrattuale o un altro strumento che sia giuridicamente vincolante e azionabile dagli interessati.

Il regolamento vieta trasferimenti di dati verso titolari o responsabili in un Paese terzo sulla base di decisioni giudiziarie o ordinanze amministrative emesse da autorità di tale Paese terzo, a meno dell’esistenza di accordi internazionali in particolare di mutua assistenza giudiziaria o analoghi accordi fra gli Stati (si veda art. 48). Si potranno utilizzare, tuttavia, gli altri presupposti e in particolare le deroghe previste per situazioni specifiche di cui all’art. 49. A tale riguardo, si deve ricordare che il regolamento chiarisce come sia lecito trasferire dati personali verso un Paese terzo non adeguato “per importanti motivi di interesse pubblico”, in deroga al divieto generale, ma deve trattarsi di un interesse pubblico riconosciuto dal diritto dello Stato membro del titolare o dal diritto dell’Ue (si veda art. 49, paragrafo 4) – e dunque non può essere fatto valere l’interesse pubblico dello Stato terzo ricevente.

Il regolamento fissa i requisiti per l’approvazione delle norme vincolanti d’impresa e i contenuti obbligatori di tali norme. L’elenco indicato al riguardo nel paragrafo 2 dell’art. 47 non è esaustivo e, pertanto, potranno essere previsti dalle autorità competenti, a seconda dei casi, requisiti ulteriori. Ad ogni modo, l’approvazione delle norme vincolanti d’impresa dovrà avvenire esclusivamente attraverso il meccanismo di coerenza di cui agli artt. 63-65 del regolamento – ossia, è previsto in ogni caso l’intervento del Comitato europeo per la protezione dei dati (si veda art. 64, paragrafo 1, lettera d) ).

Obbligo di comunicare i casi di violazione dei dati personali (data breach)

Il titolare del trattamento dovrà comunicare eventuali violazioni dei dati personali (data breach) all’Autorità nazionale di Protezione dei dati. Se la violazione dei dati rappresenta una minaccia per i diritti e le libertà delle persone, il titolare dovrà informare in modo chiaro, semplice e immediato anche tutti gli interessati e offrire indicazioni su come intende limitare le possibili conseguenze negative.
Il titolare del trattamento potrà decidere di non informare gli interessati se riterrà che la violazione non comporti un rischio elevato per i loro diritti (quando non si tratti, ad esempio, di frode, furto di identità, danno di immagine, ecc.); oppure se dimostrerà di avere adottato misure di sicurezza (come la cifratura) a tutela dei dati violati; oppure, infine, nell’eventualità in cui informare gli interessati potrebbe comportare uno sforzo sproporzionato (ad esempio, se il numero delle persone coinvolte è elevato). In questo ultimo caso, è comunque richiesta una comunicazione pubblica o adatta a raggiungere quanti più interessati possibile (ad esempio, tramite un’inserzione su un quotidiano o una comunicazione sul sito web del titolare). L’Autorità di protezione dei dati potrà comunque imporre al titolare del trattamento di informare gli interessati sulla base di una propria autonoma valutazione del rischio associato alla violazione.

Seguendo questo link troverai tutti gli aggiornamenti sul nuovo Regolamento Europeo in materia di Protezione dei Dati Personali

Il testo del GDPR in PDF (in Italiano)

Il nuovo Regolamento Europeo in materia di Protezione dei Dati Personali (2016/679) entrerà pienamente in vigore il 25 maggio 2018. Qui trovi il testo in PDF, le principali novità e una guida in 12 punti per adeguare la tua organizzazione.

Di seguito il REGOLAMENTO (UE) 2016/679 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati  ersonali,  nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)

 

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