Mostra tutti

Il film “Io prima di Te” (Me Before You) – [Recensione]

 Il film “Io prima di Te” (Me Before You)  -[Recensione]

Cosa ci fanno l’atletico seduttore Finnick Odair, il freddo e spietato Tywin Lannister e Daenerys Targaryen alias khaleesi del Grande Mare, “Madre dei Draghi”, regina di Meereen, “Distruttrice di catene, eccetera eccetera (per non parlare del Neville Paciock della saga di Harry Potter) in una rom-com del sottogenere amore+malattia nella quale “lui salva lei” ma non necessariamente “lei salva lui” (cit.)?

Semplice: da bravi artisti che indirettamente discendono dal Bardo e che in epoca elisabettiana avrebbero potuto calcare le tavole del palcoscenico del glorioso vecchio Globe Theatre, gli attori che ci hanno regalato questi iconici personaggi sono diventati argilla nelle mani di un nuovo scultore (una regista) e con impegno si sono messi al servizio di una storia raccontata, finora, solamente fra le pagine di un romanzo. E’ la scuola britannica, bellezza, e la sua infallibilità è nota.

Quindi è bene che i guru del Metodo non se la prendano se esprimiamo tale predilezione, a cominciare dal Robert De Niro di Toro Scatenato. Perché anche qui qualcuno ha dovuto modificare il proprio peso corporeo (Sam Claflin), fingendosi per di più tetraplegico con la conseguente rinuncia a uno degli strumenti privilegiati del suo proteiforme mestiere: il corpo, ridotto solamente al viso (un viso mai stravolto dal dolore ma sempre composto) e a qualche dita di una mano.

Certo, tematicamente parlando, non c’è nulla di particolarmente nuovo sul fronte sentimentale in Io prima di te, che nella scena delle corse dei cavalli e nel mito di Pigmalione va per esempio a scomodare tanto Pretty Woman quando il suo magnifico antesignano My Fair Lady, con la differenza che stavolta la Eliza Doolittle di turno i fiori non li vende ma li sfoggia stampati su vestiti e su scarpe dalla punta tonda che ricordano la Dorothy de Il mago di Oz. Quanto alla versione aggiornata di Henry Higgins – aristocratica e burbera proprio come il personaggio di Rex Harrison nel capolavoro di George Cukor – non è da sottovalutare che la lezione che impartisce alla ragazza di umili origini di cui si invaghisce va ben al di là della corretta pronuncia dello scioglilingua “La rana in Spagna gracida in campagna”.

Pur avendo la leggerezza e l’arguzia di Notting Hill e compagni,

la trasposizione del romanzo di Jojo Moyes si addentra infatti (come già detto) nell’oscuro territorio della malattia e – udite, udite – dell’eutanasia, rivendicando il diritto a scegliere fra una vita che vita non è e la cessazione della vita stessa, con l’indiretto riferimento a quella “clinica della morte” svizzera innominata e innominabile perché ancora confinata fra i grandi rimossi di alcune società occidentali, cattoliche e non. Non è cosa da poco per un film destinato al pubblico giovane e passato per il Festival di Giffoni, e che proprio per questo non va in alcun modo associato a un adattamento di un libro di Nicholas Sparks, a una di quelle vicende, per intenderci, che antepongono alla caratterizzazione psicologica e alla coerenza narrativa del plot la manipolazione emotiva dello spettatore e lo scatenamento pavloviano delle lacrime, che solitamente cominciano a scorrere copiose dopo la prima mezz’ora.

E invece si e sorride nell’esordio dietro alla macchina da presa della regista teatrale Thea Sharrock, che nel suo personale “Lou, ti presento Will” lavora di cesello soprattutto con il tono, creando un ottimo equilibrio fra la drammaticità della condizione del ragazzo su sedia a rotelle e il goffo e spensierato universo interiore – nonché il modus vivendi – di una Bridget Jones ossessionata non dai chili da perdere ma da “outfit” orribili e nello stesso tempo meravigliosi. I costumisti ne hanno scelti ben 72 e, fra calze da Ape Maia, giacchette animalier e gonne dai colori improbabili, Emilia Clarke riesce davvero ad attraversare indomita e allegra 110 minuti di film che altrimenti sarebbero stati ardui da mandare giù, contagiando con il suo “wit” noi che guardiamo e perfino il suo quasi immobile compagno di set, che si conquista agilmente un posto d’onore nella schiera dei romantic lead, quelli dell’oggi e di sicuro anche quelli del domani.

Nel suo gioco ottimista da Pollyanna

e nella sua corsa contro i propositi suicidi del bel ragazzo a cui presta assistenza, l’attrice riesce addirittura a portarsi dietro una delle virtù della bionda dominatrice che impersona ne Il Trono di Spade: la quintessenza e il lato migliore della femminilità contemporanea, e cioè la forza unita alla dolcezza, la stravaganza mescolata alla capacità di pacificare l’altro. Una simile qualità inonda di affetto ogni singolo momento di Io prima di te, al quale rimproveriamo alcuni cliché (Parigi e i suoi romantici caffè, il fidanzato sbagliato che improvvisamente appare sbagliato), ma che ha fra i suoi pregi una fotografia non patinata ma realistica e il messaggio che intende diffondere, che poi è l’esortazione ad assecondare la propria curiosità e la propria insana follia e a fare del proprio tempo un tempo di qualità.

Io Prima di Te – Trailer Italiano Ufficiale | HD

E’ un invito rivolto in particolare alle donne,

anche se va detto che non tutte incontrano un giovanotto bello e ricco come Christan Grey disposto a schiudere di fronte a loro le meraviglie di un concerto di Mozart o di un film francese… Ma siamo al cinema, lasciateci sognare, che poi lo sappiamo bene che a una ragazza di campagna della working class (e non solo a lei) potrebbe toccare in sorte un marito che di domenica si inchioda davanti alla partita trangugiando boccali di birra.

O magari no… Forse c’è un’ altra via, forse basta essere deliziosi e pieni di potenziale come Louisa Clark, regina della trasparenza e… delle sopracciglia!

Comingsoon

libro vita da hacker